L’incentivo “Resto al Sud”, istituito con il Decreto-Legge n. 91 del 2017 e successivamente rafforzato dalla Legge n. 123 dello stesso anno, continua a rappresentare una delle leve principali per favorire la creazione di nuove attività imprenditoriali nel Mezzogiorno. La misura è destinata a sostenere giovani e professionisti che intendono avviare o consolidare un progetto imprenditoriale nei territori del Sud Italia e nelle aree ammissibili secondo le norme europee e nazionali.
Un incentivo per restare e investire al Sud
La filosofia alla base di Resto al Sud è semplice: offrire a chi vive nel Meridione la possibilità concreta di investire nel proprio territorio, creando impresa, lavoro e sviluppo. L’agevolazione prevede un mix di contributi a fondo perduto e finanziamenti a tasso agevolato, con un piano di rientro pluriennale e modalità di restituzione pensate per non gravare eccessivamente sulle fasi iniziali del progetto.
A oggi, le regioni coinvolte restano quelle dell’ex Obiettivo 1 europeo (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), con l’aggiunta dell’Abruzzo e di alcune aree del cratere sismico del Centro Italia. In molti casi è possibile presentare la domanda anche per attività già avviate da poco tempo, a condizione che rispettino determinati limiti temporali e di forma giuridica.
I requisiti da rispettare e i settori coinvolti
La normativa prevede che possano accedere all’incentivo i soggetti di età compresa fra i 18 e i 55 anni non ancora compiuti, residenti nelle aree ammissibili, oppure disponibili a trasferirsi entro termini ben definiti. È essenziale non essere titolari di attività economiche già operative e non aver beneficiato di altri strumenti simili di agevolazione nei tre anni precedenti. È inoltre richiesto l’impegno a non assumere incarichi da lavoro dipendente a tempo indeterminato durante il periodo di erogazione del contributo.
Le attività ammesse rientrano in una gamma ampia ma ben definita: si spazia dall’artigianato al turismo, dai servizi all’industria leggera, con la possibilità di accedere anche come liberi professionisti. Sono invece escluse le imprese agricole e le attività legate al settore primario.
Cosa prevede la nuova versione “Resto al Sud 2.0”
Il Decreto Coesione n. 60 del 7 maggio 2024, convertito in legge a luglio, ha introdotto importanti novità per il futuro dell’incentivo, dando vita a quella che viene definita “Resto al Sud 2.0”. La nuova misura, che entrerà pienamente in vigore nei prossimi mesi, è pensata in particolare per potenziare l’inserimento lavorativo dei giovani under 35, attraverso un sistema più flessibile e potenziato di contributi all’autoimpiego.
La nuova versione prevede un incremento delle agevolazioni riconosciute: il contributo a fondo perduto potrà coprire fino al 75% dell’investimento iniziale, con premi aggiuntivi per progetti innovativi, digitali o legati alla sostenibilità ambientale. Sono previsti anche voucher a supporto della fase di avvio dell’attività, utili per affrontare spese legate a gestione, consulenze o formazione.
Il testo attuativo è stato approvato con decreto interministeriale pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel mese di agosto 2025. Le domande potranno essere presentate non appena sarà attivato il nuovo portale unico per le politiche di coesione e l’autoimpiego, previsto dal piano di riforma dei fondi europei e nazionali.
Un’opportunità concreta per il territorio
Nel contesto attuale, dove il divario tra Nord e Sud del Paese rimane ancora un tema aperto, strumenti come Resto al Sud rappresentano una risposta concreta per contrastare lo spopolamento, valorizzare il capitale umano locale e sostenere lo sviluppo economico delle aree svantaggiate.
Chi sta valutando l’avvio di un’attività o vuole capire se questa misura sia adatta alla propria situazione, può trarre vantaggio da un’analisi preliminare ben strutturata: la chiave del successo, infatti, non sta solo nella disponibilità dei fondi, ma nella corretta progettazione dell’investimento, nella sostenibilità finanziaria e nella solidità del business plan.
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